SANT’ELIA
IMPOSIZIONE DELLO SCAPOLARE DEL CARMELO
Nato il X secolo a. C, Tishbe
Morto il 850 a. C, Monte Carmelo
Elia, con Eliseo e Samuele, è uno dei più grandi profeti di azione (distinti dai profeti scrittori, come Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele, che hanno lasciato degli scritti inclusi nel canone dei Libri sacri), e la sua missione fu di incitare il popolo alla fedeltà all’unico vero Dio, senza lasciarsi sedurre dall’influsso del culto idolatrico e licenzioso di Canaan. Elia (il cui nome significa « il mio Dio è Jahvè ») nacque verso la fine del X sec. a.C. e svolse gran parte della sua missione sotto il regno del pavido Acab (873-854), docile strumento nelle mani dell’intrigante moglie Jezabel, di origine fenicia, che aveva dapprima favorito e poi imposto il culto del dio Baal.
Quando ormai il monoteismo pareva soffocato e la maggioranza del popolo aveva abbracciato l’idolatria, Elia si presentò dinanzi al re Acab ad annunciargli, come castigo, tre anni di siccità. Abbattutosi il flagello sulla Palestina, Elia ritornò dal re e per dimostrare la inanità degli idoli lanciò la sfida sul monte Carmclo contro i 400 profeti di Baal. Quando sul solo altare innalzato da Elia si accese prodigiosamente la fiamma, e l’acqua invocata scese a porre fine alla siccità, il popolo esultante linciò i sacerdoti idolatri. Elia credette giunto il momento del trionfo di Javhè, e perciò tanto più amara e incomprensibile gli apparve la necessità di sottrarsi con la fuga all’ira della furente Jezabel.
Braccato nel deserto come un animale da preda, l’energico e intransigente profeta sembrò avere un attimo di cedimento allo sconforto. 11 suo lavoro, la sua stessa vita gli apparvero inutili e pregò Dio di recidere il filo che lo teneva ancora legato alla terra. Ma un angelo lo confortò, porgendogli una focaccia e una brocca d’acqua; poi Dio stesso gli apparve, restituendogli l’indomito coraggio di un tempo. Elia comprese che Dio non propizia il trionfo del bene con gesti spettacolari, ma agisce con longanime pazienza, poiché egli è l’Eterno e domina il tempo.
Il fiero profeta, che indossava un mantello di pelle sopra un rozzo grembiule stretto ai fianchi, come otto secoli dopo vestì il precursore di Cristo, Giovanni Battista, di cui è la prefigurazione, tornò con rinnovato zelo in mezzo al popolo di Dio, ma non assistette al pieno trionfo di Jahvè. L’opera di riedificazione spirituale, tanto faticosamente iniziata, venne portata avanti con pieno successo dal suo discepolo Eliseo, al quale comunicò la divina chiamata mentre si trovava nei campi dietro l’aratro, gettandogli sulle spalle il suo mantello. Eliseo fu anche l’unico testimone della misteriosa fine di Elia, avvenuta verso 1’850 a.C., su un carro di fuoco.
IL COMMENTO DI RAGGIO DI LUCE ATTIVA
MARTIROLOGIO ROMANO
Commemorazione di sant’Elia Tesbita, che fu profeta del Signore nei giorni di Acab e di Acazia, re di Israele, e con tale forza rivendicò i diritti dell’unico Dio contro l’infedeltà del popolo, da prefigurare non solo Giovanni Battista, ma il Cristo stesso; non lasciò profezie scritte, ma la sua memoria viene fedelmente conservata, in particolare sul monte Carmelo.
FONDAMENTO BIBLICO DEL CULTO DEI SANTI
Il culto dei Santi, degli Angeli e della Vergine Maria è stato da sempre un elemento caratterizzante del Cattolicesimo Romano e delle Chiese Orientali, ma anche quello più contestato dalle comunità evangeliche e dalle sette d’ispirazione cristiana.
Ancora più osteggiata è la venerazione di statue ed Icone Sacre, assimilata addirittura all’idolatria e perciò condannata come un grave peccato.
In realtà le cose non stanno affatto così.
Nell’Antico Testamento, statue ed immagini sono strettamente collegate all’adorazione di divinità in Gran parte straniere, che si oppongono al culto dell’Unico vero Dio.
Presso Noi Cattolici, invece, queste assumono tutt’altro significato per due motivi.
Il Primo è che le nostre statue non sono idoli pagani, ma Raffigurano Persone Realmente Esistite, che Ricordiamo come Modelli di Fede
Il Secondo è che la nostra non è Adorazione, bensì VENERAZIONE, ossia Rispetto Verso quei Santi e quelle Sante che stanno nella Gloria di Dio, in Paradiso, e ossequio verso le immagini che li rappresentano.
Ai tempi di Mosè, due Cherubini in oro battuto decoravano l’Arca dell’Alleanza, in cui erano custodite le Tavole della Legge (Esodo 25,18; 36,2-8; 37,7). Era idolatria questa? Certamente no! Mosè stesso fece costruire un serpente di bronzo e ordinò di porlo in vista al popolo; chiunque fosse stato morsicato dai serpenti velenosi, si sarebbe potuto salvare guardando verso di esso (Numeri 21,4-9).
Gesù applicò a se stesso questo simbolo dicendo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna» Vangelo di San Giovanni Apostolo 3:14-15
La VENERAZIONE d’immagini, dunque, non è idolatria quando questa non si sostituisce all’adorazione.
Esistono tre diverse forme di culto:
la LATRIA, ossia l’Adorazione, riservata esclusivamente a Dio;
la DULIA, ossia la venerazione, riservata ai Santi e agli Angeli;
l’IPERDULIA, una speciale forma di venerazione riservata esclusivamente alla Vergine Maria, Madre del nostro Salvatore Gesù Cristo.
Per quanto riguarda il fondamento biblico relativo al culto dei santi, esistono numerosi passi che lo giustificano. Innanzitutto, nel Nuovo Testamento tutti i battezzati sono chiamati santi, non perché dotati di eccezionali virtù, ma in quanto chiamati a percorre un cammino di perfezione e di santità, dopo essere stati separati dal mondo e purificati dallo Spirito Santo.
Già nel libro del Siracide l’autore aveva scritto: “Facciamo l’elogio degli uomini illustri, dei nostri antenati per generazione. Questi furono uomini virtuosi, i cui meriti non vanno dimenticati” Libro della Siracide 44, 1 e 10
Nella Lettera agli Ebrei l’autore esalta gli illustri israeliti del passato e sprona i destinatari dell’epistola a comportarsi allo stesso modo Ebrei 11-12
San Paolo diceva ai Fedeli di Corinto: “Fatevi miei imitatori come io lo sono di Cristo” (1 Corinzi 11,1).
Proprio in questo consiste, dunque, la Venerazione dei Santi: nel Ricordo, nell’Elogio, nell’Imitazione di Coloro che ci hanno Preceduto nella Fede e si Sono Distinti nella Pratica delle Virtù.
In merito alla loro commemorazione, sappiamo che già del Protomartire Stefano si ricordava l’anniversario della morte e s’Invocava la Sua Intercessione.
Ma il primo Esempio storicamente documentato è il Martirio di San Policarpo (155 d.C), di cui furono raccolte le reliquie e celebrato annualmente il suo martirio “per rievocare la memoria di coloro che hanno combattuto prima di noi e per tenere esercitati e pronti quelli che dovranno affrontare la lotta”.
Concludiamo, infine, con l’intercessione dei Santi, particolarmente contestata dai Protestanti e dalle sette cristiane. A loro avviso, essendo Gesù Cristo il solo mediatore fra Dio e gli uomini, sarebbe sbagliato pregare i Santi e chiedere la loro intercessione. In realtà non è affatto così, in quanto il loro intervento non sostituisce l’unica mediazione di Cristo. Nel miracolo di Cana, ad esempio, la Vergine Maria interviene presso il Figlio a favore degli sposi, che non hanno più vino dal Vangelo di San Giovanni Apostolo 2, 1-11
San Giacomo, inoltre, afferma che molto vale la preghiera del giusto se fatta con insistenza dalla Lettera di San Giacomo Apostoli 5,16
e San Paolo esorta spesso i fedeli a pregare Dio per lui e per gli altri fratelli. Ma cos’è tutto ciò se non una preghiera d’intercessione? Considerando, dunque, che la Comunione dei Santi, ossia il mutuo e vicendevole aiuto fra i battezzati, non finisce con la morte fisica, ma continua anche dopo la vita terrena, allora possiamo affermare con assoluta certezza che pregare i Santi non solo è biblicamente fondato, ma è anche un segno del vincolo d’Amore che esiste fra di noi e che ci unisce a Cristo in questa nostra vita e in quella prossima futura.