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SANTA TERESA D’AVILA

S. Teresa di Gesù nacque ad Avila (Spagna) il 28 marzo dell’anno 1515, da nobile ed antica famiglia.

Teresa si distinse fin da bambina per un grande amore alla lettura di buoni libri, e specialmente della Sacra Scrittura.

Leggendo ad un suo fratellino le gesta dei Martiri, tutti e due furono accesi di santo ardore di morire per il nome di Gesù, ed un giorno, non visti, fuggirono per andare tra i Mori infedeli: « Così, dicevano, voleremo subito in Paradiso! ».

Mirabile ingenuità! Ma un loro zio li ricondusse alla casa paterna. Allora pensarono di condurre una vita solitaria e si costruirono una celletta nel giardino, dove si ritiravano in preghiera.

A 12 anni le morì la madre e Teresa provò tale dolore da non trovare conforto sulla terra.

Pensò allora che le rimaneva un’altra madre ben più amorosa e potente: la Madonna, e a Lei si affidò. Intanto andava preparandosi pel chiostro e a 20 anni seguì la divina chiamata. Si ritirò nel monastero dell’Incarnazione del Monte Carmelo in Avila, dove ben presto rifulse per ogni virtù.

Per una grave malattia dovette lasciare il monastero e ritornare in famiglia: guarì, ma perdette il primitivo fervore.

Una visione la fece ritornare in sé ed allora si diede con tutte le forze alla propria santificazione. Così si preparò a quella grande riforma dei monasteri Carmelitani, che fu accettata non solo da tutti i monasteri delle suore, ma anche da parecchi conventi dei frati. Aveva conosciuto S. Giovanni della Croce, tenuto in grande fama di dotto e santo, e se ne servi come del più valido aiuto.

Indicibili furono i dolori fisici, le penitenze e le discipline, ma sostenne tutto colla più dolce serenità di spirito. Gesù la ricompensava con sublimi estasi, rivelandole verità altissime che ella tramandò nelle sue mirabili « Opere ».

Non conosceva altro bene in questa vita che quello d’imitare Gesù Cristo paziente e crocifisso, e si sforzava di acquistare, per mezzo dei patimenti, nuovi meriti per l’eternità. Ammirabile la sua preghiera: « Signore, o patire o morire ».

Il suo cuore, infiammato dell’amor di Dio, altro non sospirava che di uscire da questa valle di pianto e di unirsi per sempre al suo diletto Sposo, nella gloria celeste. Il Signore esaudì i fervidi voti e, nel monastero di Alba di Tormes, alla età di 67 anni, passò da questa vita. Era il 13 ottobre del 1582.

PRATICA

Leggiamo le « Opere » e l’« Autobiografia » di questa Santa.

PREGHIERA 

Esaudiscici, Dio nostro Salvatore, affinché come ci allietiamo per la festa della tua beata vergine Teresa, così siamo nutriti dalla sua celeste dottrina e formati al sentimento di una tenera devozione.

MARTIROLOGIO ROMANO 

Memoria di santa Teresa di Gesù, vergine e dottore della Chiesa: entrata ad Ávila in Spagna nell’Ordine Carmelitano e divenuta madre e maestra di una assai stretta osservanza, dispose nel suo cuore un percorso di perfezionamento spirituale sotto l’aspetto di una ascesa per gradi dell’anima a Dio; per la riforma del suo Ordine sostenne molte tribolazioni, che superò sempre con invitto animo; scrisse anche libri pervasi di alta dottrina e carichi della sua profonda esperienza.

FONDAMENTO BIBLICO DEL CULTO DEI SANTI

Il culto dei Santi, degli Angeli e della Vergine Maria è stato da sempre un elemento caratterizzante del Cattolicesimo Romano e delle Chiese Orientali, ma anche quello più contestato dalle comunità evangeliche e dalle sette d’ispirazione cristiana.

Ancora più osteggiata è la venerazione di statue ed Icone Sacre, assimilata addirittura all’idolatria e perciò condannata come un grave peccato.

In realtà le cose non stanno affatto così.

Nell’Antico Testamento, statue ed immagini sono strettamente collegate all’adorazione di divinità in Gran parte straniere, che si oppongono al culto dell’Unico vero Dio.

Presso Noi Cattolici, invece, queste assumono tutt’altro significato per due motivi.

Il Primo è che le nostre statue non sono idoli pagani, ma Raffigurano Persone Realmente Esistite, che Ricordiamo come Modelli di Fede

Il Secondo è che la nostra non è Adorazione, bensì VENERAZIONE, ossia Rispetto Verso quei Santi e quelle Sante che stanno nella Gloria di Dio, in Paradiso, e ossequio verso le immagini che li rappresentano.

Ai tempi di Mosè, due Cherubini in oro battuto decoravano l’Arca dell’Alleanza, in cui erano custodite le Tavole della Legge (Esodo 25,18; 36,2-8; 37,7). Era idolatria questa? Certamente no! Mosè stesso fece costruire un serpente di bronzo e ordinò di porlo in vista al popolo; chiunque fosse stato morsicato dai serpenti velenosi, si sarebbe potuto salvare guardando verso di esso (Numeri 21,4-9).

Gesù applicò a se stesso questo simbolo dicendo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna» Vangelo di San Giovanni Apostolo 3:14-15

La VENERAZIONE d’immagini, dunque, non è idolatria quando questa non si sostituisce all’adorazione.

Esistono tre diverse forme di culto:

la LATRIA, ossia l’Adorazione, riservata esclusivamente a Dio;

la DULIA, ossia la venerazione, riservata ai Santi e agli Angeli;

l’IPERDULIA, una speciale forma di venerazione riservata esclusivamente alla Vergine Maria, Madre del nostro Salvatore Gesù Cristo.

Per quanto riguarda il fondamento biblico relativo al culto dei santi, esistono numerosi passi che lo giustificano. Innanzitutto, nel Nuovo Testamento tutti i battezzati sono chiamati santi, non perché dotati di eccezionali virtù, ma in quanto chiamati a percorre un cammino di perfezione e di santità, dopo essere stati separati dal mondo e purificati dallo Spirito Santo.

Già nel libro del Siracide l’autore aveva scritto: “Facciamo l’elogio degli uomini illustri, dei nostri antenati per generazione. Questi furono uomini virtuosi, i cui meriti non vanno dimenticati” Libro della Siracide 44, 1 e 10

Nella Lettera agli Ebrei l’autore esalta gli illustri israeliti del passato e sprona i destinatari dell’epistola a comportarsi allo stesso modo Ebrei 11-12

San Paolo diceva ai Fedeli di Corinto: “Fatevi miei imitatori come io lo sono di Cristo” (1 Corinzi 11,1).

Proprio in questo consiste, dunque, la Venerazione dei Santi: nel Ricordo, nell’Elogio, nell’Imitazione di Coloro che ci hanno Preceduto nella Fede e si Sono Distinti nella Pratica delle Virtù.

In merito alla loro commemorazione, sappiamo che già del Protomartire Stefano si ricordava l’anniversario della morte e s’Invocava la Sua Intercessione.

Ma il primo Esempio storicamente documentato è il Martirio di San Policarpo (155 d.C), di cui furono raccolte le reliquie e celebrato annualmente il suo martirio “per rievocare la memoria di coloro che hanno combattuto prima di noi e per tenere esercitati e pronti quelli che dovranno affrontare la lotta”.

Concludiamo, infine, con l’intercessione dei Santi, particolarmente contestata dai Protestanti e dalle sette cristiane. A loro avviso, essendo Gesù Cristo il solo mediatore fra Dio e gli uomini, sarebbe sbagliato pregare i Santi e chiedere la loro intercessione. In realtà non è affatto così, in quanto il loro intervento non sostituisce l’unica mediazione di Cristo. Nel miracolo di Cana, ad esempio, la Vergine Maria interviene presso il Figlio a favore degli sposi, che non hanno più vino dal Vangelo di San Giovanni Apostolo 2, 1-11

San Giacomo, inoltre, afferma che molto vale la preghiera del giusto se fatta con insistenza dalla Lettera di San Giacomo Apostoli 5,16

e San Paolo esorta spesso i fedeli a pregare Dio per lui e per gli altri fratelli. Ma cos’è tutto ciò se non una preghiera d’intercessione? Considerando, dunque, che la Comunione dei Santi, ossia il mutuo e vicendevole aiuto fra i battezzati, non finisce con la morte fisica, ma continua anche dopo la vita terrena, allora possiamo affermare con assoluta certezza che pregare i Santi non solo è biblicamente fondato, ma è anche un segno del vincolo d’Amore che esiste fra di noi e che ci unisce a Cristo in questa nostra vita e in quella prossima futura.

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SIAMO RIEMERSI DALLE PIEGHE DEL TEMPO PER PROIETTARTI NEL FUTURO

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