SANTA MARIA FAUSTINA KOWALSKA
Elena Kowalska è conterranea di Giovanni Paolo II che l’ha elevata agli onori degli altari nell’anno 2000. Era nata a Giogowiec nel distretto di Turek, provincia di Lodz, il 25 agosto 1905.
Le difficili condizioni economiche e sociali provocate dalla prima guerra mondiale, che avevano messo in ginocchio molte famiglie polacche, compresa la sua, non consentirono a Elena, che pure era di intelligenza vivace, di andare oltre le prime tre classi della scuola elementare. Per contribuire a far quadrare in qualche modo il bilancio familiare, andò a lavorare come domestica in una casa di buona famiglia.
Ma mentre lavava piatti e tirava a cera i lindi pavimenti dei suoi signori, pensava ad altro. Nel suo cuore era germogliato il desiderio di abbracciare la vita religiosa, non certo per sottrarsi alla fatica del lavoro, ma per vivere in modo più profondo e radicale la vocazione cristiana. Incontrò subito l’opposizione dei genitori che con la sua entrata in convento avrebbero perso un’indispensabile fonte di guadagno.
La risolutezza di Elena ebbe però la meglio sull’opposizione dei genitori e nel 1924 poteva chiedere finalmente di essere accolta nella Congregazione della beata Vergine Maria della misericordia.
Era consuetudine che ogni aspirante alla vita religiosa portasse con sé, nel momento dell’ammissione, una congrua dote, perché i conventi, essendo poveri, non erano in grado di provvedere al corredo delle aspiranti.
Ma neppure la famiglia di Elena poteva farlo, per cui la giovane dovette lavorare sodo ancora un anno per mettere insieme almeno l’indispensabile. Non le venne invece chiesta la dote vera e propria, che avrebbe richiesto ben più di un anno di lavoro. Aveva vent’anni quando venne ammessa al postulantato, e poi (1926) al noviziato come suora conversa, addetta cioè al servizio della comunità.
Come avviene in altri ordini o congregazioni religiose, con l’occasione cambiò il nome di Elena con quello di Maria Faustina: era un modo per segnare il distacco dalla vita precedente e l’inizio di un nuovo modo di stare con il Signore e con gli altri.
Due anni dopo emise i voti temporanei e nel 1933 quelli definitivi, nel suggestivo rito della professione perpetua.
Per tredici anni suor Faustina lavorò in quasi tutte le case della provincia, che erano allora dieci, occupandosi dei mestieri più umili: la cucina, il giardino e la portineria. Eseguiva sempre con molta fedeltà quanto richiestole, e con gioia, illuminando ogni atto con la luce della sua spiritualità, molto intensa, costellata da slanci mistici dei quali erano a conoscenza solo i suoi direttori spirituali e le superiore.
Nel 1934, obbedendo all’indicazione del suo direttore spirituale, cominciò a scrivere un diario personale che intitolò La divina misericordia nell’anima mia, e che è un resoconto particolareggiato di rivelazioni e di esperienze mistiche.
Nel 1935 Faustina ricette una rivelazione privata da Gesù nella quale le avrebbe richiesto una particolare forma di preghiera detta Coroncina alla Divina Misericordia. Secondo suor Faustina, particolari grazie sarebbero state concesse a chi avrebbe recitato questa preghiera:
La mia misericordia avvolgerà in vita e specialmente nell’ora della morte le anime che reciteranno questa coroncina. Per la recita di questa coroncina mi piace concedere tutto ciò che mi chiederanno. I sacerdoti la consiglieranno ai peccatori come ultima tavola di salvezza; anche se si trattasse del peccatore più incallito se recita questa coroncina una volta sola, otterrà la grazia della mia infinita misericordia. Quando vicino ad un agonizzante viene recitata questa coroncina, si placa l’ira di Dio e l’imperscrutabile misericordia avvolge l’anima.
LA CORONCINA DELLA DIVINA MISERICORDIA
- Si inizia recitando, dopo il segno della croce, un Padre nostro, un Ave Maria e il Credo.
- Sui 5 (cinque) grani del Padre Nostro, ovvero i grani maggiori del Santo Rosario si dice: «Eterno Padre, io Ti offro il Corpo e il Sangue, l’Anima e la Divinità del Tuo dilettissimo Figlio e Nostro Signore Gesù Cristo, in espiazione dei nostri peccati e di quelli del mondo intero.»
- Sui 50 (cinquanta) grani minori si dice: «Per la Sua dolorosa Passione, abbi misericordia di noi e del mondo intero.»
- Al termine si dice per tre volte: «Santo Dio, Santo Forte, Santo Immortale, abbi pietà di noi e del mondo intero.»
- La preghiera termina con la seguente invocazione: «O Sangue ed Acqua che scaturisti dal Cuore di Gesù come sorgente di misericordia per noi, confido in te!»; ed infine nuovamente il segno della croce.
Suor Faustina viene ricordata anche come l’apostola della devozione a Gesù Misericordioso Una pia pratica che, radicatasi in Polonia grazie al suo zelo, si estese, a partire dai primi anni Quaranta, anche fuori dai confini polacchi per abbracciare tutto il mondo. Con tale pratica si diffuse anche la conoscenza di colei che ne aveva fatto il centro della propria spiritualità.
Il 5 ottobre 1938 suor Faustina tornava alla casa del Padre. Morì nel convento di Lagiewniki nei pressi di Cracovia, offrendosi alla misericordia divina come vittima per la conversione dei peccatori. Venne sepolta nel cimitero della congregazione.
Quando fu avviato il processo informativo per verificare l’eroicità delle sue virtù, le sue spoglie vennero trasferite nella cappella della congregazione, diventata subito cuore della devozione di molti fedeli che si affidano alla sua intercessione per ottenere conforto dell’anima e sollievo nelle malattie.
È stata proclamata beata il 18 aprile 1993 e santa nel 2000, anno del Giubileo, da Giovanni Paolo II
MARTIROLOGIO ROMANO
A Cracovia in Polonia, santa Maria Faustina (Elena) Kowalska, vergine delle Suore della Beata Maria Vergine della Misericordia, che si adoperò molto per manifestare il mistero della divina misericordia.
FONDAMENTO BIBLICO DEL CULTO DEI SANTI
Il culto dei Santi, degli Angeli e della Vergine Maria è stato da sempre un elemento caratterizzante del Cattolicesimo Romano e delle Chiese Orientali, ma anche quello più contestato dalle comunità evangeliche e dalle sette d’ispirazione cristiana.
Ancora più osteggiata è la venerazione di statue ed Icone Sacre, assimilata addirittura all’idolatria e perciò condannata come un grave peccato.
In realtà le cose non stanno affatto così.
Nell’Antico Testamento, statue ed immagini sono strettamente collegate all’adorazione di divinità in Gran parte straniere, che si oppongono al culto dell’Unico vero Dio.
Presso Noi Cattolici, invece, queste assumono tutt’altro significato per due motivi.
Il Primo è che le nostre statue non sono idoli pagani, ma Raffigurano Persone Realmente Esistite, che Ricordiamo come Modelli di Fede
Il Secondo è che la nostra non è Adorazione, bensì VENERAZIONE, ossia Rispetto Verso quei Santi e quelle Sante che stanno nella Gloria di Dio, in Paradiso, e ossequio verso le immagini che li rappresentano.
Ai tempi di Mosè, due Cherubini in oro battuto decoravano l’Arca dell’Alleanza, in cui erano custodite le Tavole della Legge (Esodo 25,18; 36,2-8; 37,7). Era idolatria questa? Certamente no! Mosè stesso fece costruire un serpente di bronzo e ordinò di porlo in vista al popolo; chiunque fosse stato morsicato dai serpenti velenosi, si sarebbe potuto salvare guardando verso di esso (Numeri 21,4-9).
Gesù applicò a se stesso questo simbolo dicendo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna» Vangelo di San Giovanni Apostolo 3:14-15
La VENERAZIONE d’immagini, dunque, non è idolatria quando questa non si sostituisce all’adorazione.
Esistono tre diverse forme di culto:
la LATRIA, ossia l’Adorazione, riservata esclusivamente a Dio;
la DULIA, ossia la venerazione, riservata ai Santi e agli Angeli;
l’IPERDULIA, una speciale forma di venerazione riservata esclusivamente alla Vergine Maria, Madre del nostro Salvatore Gesù Cristo.
Per quanto riguarda il fondamento biblico relativo al culto dei santi, esistono numerosi passi che lo giustificano. Innanzitutto, nel Nuovo Testamento tutti i battezzati sono chiamati santi, non perché dotati di eccezionali virtù, ma in quanto chiamati a percorre un cammino di perfezione e di santità, dopo essere stati separati dal mondo e purificati dallo Spirito Santo.
Già nel libro del Siracide l’autore aveva scritto: “Facciamo l’elogio degli uomini illustri, dei nostri antenati per generazione. Questi furono uomini virtuosi, i cui meriti non vanno dimenticati” Libro della Siracide 44, 1 e 10
Nella Lettera agli Ebrei l’autore esalta gli illustri israeliti del passato e sprona i destinatari dell’epistola a comportarsi allo stesso modo Ebrei 11-12
San Paolo diceva ai Fedeli di Corinto: “Fatevi miei imitatori come io lo sono di Cristo” (1 Corinzi 11,1).
Proprio in questo consiste, dunque, la Venerazione dei Santi: nel Ricordo, nell’Elogio, nell’Imitazione di Coloro che ci hanno Preceduto nella Fede e si Sono Distinti nella Pratica delle Virtù.
In merito alla loro commemorazione, sappiamo che già del Protomartire Stefano si ricordava l’anniversario della morte e s’Invocava la Sua Intercessione.
Ma il primo Esempio storicamente documentato è il Martirio di San Policarpo (155 d.C), di cui furono raccolte le reliquie e celebrato annualmente il suo martirio “per rievocare la memoria di coloro che hanno combattuto prima di noi e per tenere esercitati e pronti quelli che dovranno affrontare la lotta”.
Concludiamo, infine, con l’intercessione dei Santi, particolarmente contestata dai Protestanti e dalle sette cristiane. A loro avviso, essendo Gesù Cristo il solo mediatore fra Dio e gli uomini, sarebbe sbagliato pregare i Santi e chiedere la loro intercessione. In realtà non è affatto così, in quanto il loro intervento non sostituisce l’unica mediazione di Cristo. Nel miracolo di Cana, ad esempio, la Vergine Maria interviene presso il Figlio a favore degli sposi, che non hanno più vino dal Vangelo di San Giovanni Apostolo 2, 1-11
San Giacomo, inoltre, afferma che molto vale la preghiera del giusto se fatta con insistenza dalla Lettera di San Giacomo Apostoli 5,16
e San Paolo esorta spesso i fedeli a pregare Dio per lui e per gli altri fratelli. Ma cos’è tutto ciò se non una preghiera d’intercessione? Considerando, dunque, che la Comunione dei Santi, ossia il mutuo e vicendevole aiuto fra i battezzati, non finisce con la morte fisica, ma continua anche dopo la vita terrena, allora possiamo affermare con assoluta certezza che pregare i Santi non solo è biblicamente fondato, ma è anche un segno del vincolo d’Amore che esiste fra di noi e che ci unisce a Cristo in questa nostra vita e in quella prossima futura.