Giovanni, nato a Prachatitz in Boemia,
(allora parte dell’impero austriaco) era il terzo dei sei figli del tedesco Filippo Neumann e Agnese Lcbis, di origine ceca. Ricevette la prima formazione nella scuola pubblica della sua città, e a dodici anni fu mandato a Budweis, dove studiò le discipline classiche.
Mostrò subito notevoli capacità intellettuali, con una particolare predisposizione per le lingue. Entrò nel seminario diocesano di Budweis nel 1831, completando poi gli studi teologici a Praga, presso l’università Carlo Ferdinando.
Ricevette la tonsura nel 1835 ma l’anziano e malato vescovo di Budweis, Ruzika, stimò che nella sua diocesi ci fosse un numero più che sufficiente di preti e così cancellò le ordinazioni presbiterali di quell’anno.
Allora Giovanni, che da tempo sognava di andare in missione in America, decise di partire per gli Stati Uniti. Giunto a New York nel 1836, fu subito accettato nella stessa diocesi e ordinato dal vescovo John Dubois il 27 giugno 1836.
Il giovane e zelante Neumann lavorò per quattro anni nell’area di BuffaloRochester sia tra gli immigrati tedeschi che tra gli indiani americani, costruendo per essi chiese e scuole.
Operando completamente da solo iniziò ad avvertire attrazione per la vita religiosa, dove desiderava sperimentare la vita comunitaria e una più profonda dimensione di preghiera.
Dopo aver incontrato Joseph Prost, il superiore dei redentoristi da poco arrivati, Giovanni chiese di essere accettato nella congregazione del Santissimo Redentore.
Nel 1840 cominciò il noviziato nella chiesa redentorista di S. Filomena a Pittsburgh in Pennsylvania, e fece la professione il 16 gennaio 1842. La sua conoscenza di otto lingue lo rese popolare come predicatore sia a Pittsburgh che a Baltimora.
Per otto anni fu zelante pastore, missionario e parroco in ambedue le città. Mentre era a Pittsburgh in qualità di maestro dei novizi ebbe tra i suoi allievi il venerabile
Riconoscendo la sua santità e lo zelo apostolico che lo animava, i superiori in Europa lo nominarono vicario di tutti i redentoristi d’America, con sede nella chiesa di S. Alfonso a Baltimora.
Il suo impegno maggiore consistette nel difendere e dirigere le Suore Oblate della Divina Provvidenza, un gruppo di donne di colore impegnate nell’educazione dei bambini afroamericani.
Più tardi, con il nuovo ruolo di vice provinciale dei redentoristi, fece entrare negli Stati Uniti le Sorelle delle Scuole di Notre Dame, impiegandole nei numerosi istituti da lui fondati. Fu in quel periodo che diventò cittadino degli Stati Uniti.
Nel 1852, con sua grande sorpresa, fu nominato quarto vescovo di Filadelfia, diocesi delle più importanti negli Stati Uniti, molto estesa e pesantemente indebitata, con una popolazione poliglotta.
Era stato il suo amico e penitente, nuovo arcivescovo di Baltimora, Francis Patrick Kenrick, già vescovo di Filadelfia, a inserire il suo nome nella terna di candidati per la sede vacante, che inviò a papa Pio IX.
Come motto episcopale prese: «Passio Christi, conforta me!» (“Passione di Cristo, fortificami!”).
A Filadelfia il nuovo vescovo trovò vasto campo d’azione per le sue energie apostoliche. Cominciò a costruire più chiese e scuole, portò a termine la costruzione della cattedrale, introdusse la devozione delle “Quarantore” con un programma prestabilito;
fondò una nuova congregazione di religiose, le Suore di S. Francesco di Filadelfia che, con altri gruppi di sorelle e fratelli, dirigevano le sue affollatissime scuole. Nel breve periodo in cui fu vescovo le iscrizioni alle scuole cattoliche furono più che raddoppiate.
Nonostante tutta questa attività trovò il tempo per redigere in tedesco due Catechismi, esaminati e approvati dal concilio di Baltimora tenutosi nel 1852.
All’età di quarantott’anni, completamente sfinito dal lavoro apostolico, ebbe un collasso mentre si trovava per strada e morì il 5 gennaio 1860. Fu tumulato per sua volontà nella chiesa di S. Pietro dei redentoristi;
il suo corpo fu collocato sotto l’altare nella chiesa inferiore, divenuta nota come “santuario nazionale di S. Giovanni Neumann”.
Papa Benedetto XV nel 1921 riconobbe l’eroicità delle virtù e Giovanni XXIII lo dichiarò beato. La cerimonia solenne per la beatificazione fu presieduta da papa Paolo VI nel 1963, che lo canonizzò il 19 giugno 1977.
Dopo la sua canonizzazione molte chiese e scuole in ogni parte degli Stati Uniti sono dedicate a “S. Giovanni Neumann”.
MARTIROLOGIO ROMANO
A Philadelphia in Pennsylvania negli Stati Uniti d’America, san Giovanni Nepomuceno Neumann, vescovo, della Congregazione del Santissimo Redentore: con mezzi materiali, consigli e carità aiutò coloro che erano emigrati a causa dalla povertà e si prese grande cura dell’educazione Cattolica dei fanciulli.
FONDAMENTO BIBLICO DEL CULTO DEI SANTI
Il culto dei Santi, degli Angeli e della Vergine Maria è stato da sempre un elemento caratterizzante del Cattolicesimo Romano e delle Chiese Orientali, ma anche quello più contestato dalle comunità evangeliche e dalle sette d’ispirazione cristiana.
Ancora più osteggiata è la venerazione di statue ed Icone Sacre, assimilata addirittura all’idolatria e perciò condannata come un grave peccato.
In realtà le cose non stanno affatto così.
Nell’Antico Testamento, statue ed immagini sono strettamente collegate all’adorazione di divinità in Gran parte straniere, che si oppongono al culto dell’Unico vero Dio.
Presso Noi Cattolici, invece, queste assumono tutt’altro significato per due motivi.
Il Primo è che le nostre statue non sono idoli pagani, ma Raffigurano Persone Realmente Esistite, che Ricordiamo come Modelli di Fede
Il Secondo è che la nostra non è Adorazione, bensì VENERAZIONE, ossia Rispetto Verso quei Santi e quelle Sante che stanno nella Gloria di Dio, in Paradiso, e ossequio verso le immagini che li rappresentano.
Ai tempi di Mosè, due Cherubini in oro battuto decoravano l’Arca dell’Alleanza, in cui erano custodite le Tavole della Legge (Esodo 25,18; 36,2-8; 37,7). Era idolatria questa? Certamente no! Mosè stesso fece costruire un serpente di bronzo e ordinò di porlo in vista al popolo; chiunque fosse stato morsicato dai serpenti velenosi, si sarebbe potuto salvare guardando verso di esso (Numeri 21,4-9).
Gesù applicò a se stesso questo simbolo dicendo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna» Vangelo di San Giovanni Apostolo 3:14-15
La VENERAZIONE d’immagini, dunque, non è idolatria quando questa non si sostituisce all’adorazione.
Esistono tre diverse forme di culto:
La LATRIA, ossia l’Adorazione, riservata esclusivamente a Dio;
La DULIA, ossia la venerazione, riservata ai Santi e agli Angeli;
L’IPERDULIA, una speciale forma di venerazione riservata esclusivamente alla Vergine Maria, Madre del nostro Salvatore Gesù Cristo.
Per quanto riguarda il fondamento biblico relativo al culto dei santi, esistono numerosi passi che lo giustificano. Innanzitutto, nel Nuovo Testamento tutti i battezzati sono chiamati santi, non perché dotati di eccezionali virtù, ma in quanto chiamati a percorre un cammino di perfezione e di santità, dopo essere stati separati dal mondo e purificati dallo Spirito Santo.
Già nel libro del Siracide l’autore aveva scritto: “Facciamo l’elogio degli uomini illustri, dei nostri antenati per generazione. Questi furono uomini virtuosi, i cui meriti non vanno dimenticati” Libro della Siracide 44, 1 e 10
Nella Lettera agli Ebrei l’autore esalta gli illustri israeliti del passato e sprona i destinatari dell’epistola a comportarsi allo stesso modo Ebrei 11-12
San Paolo diceva ai Fedeli di Corinto: “Fatevi miei imitatori come io lo sono di Cristo” (1 Corinzi 11,1).
Proprio in questo consiste, dunque, la Venerazione dei Santi: nel Ricordo, nell’Elogio, nell’Imitazione di Coloro che ci hanno Preceduto nella Fede e si Sono Distinti nella Pratica delle Virtù.
In merito alla loro commemorazione, sappiamo che già del Protomartire Stefano si ricordava l’anniversario della morte e s’Invocava la Sua Intercessione.
Ma il primo Esempio storicamente documentato è il Martirio di San Policarpo (155 d.C), di cui furono raccolte le reliquie e celebrato annualmente il suo martirio “per rievocare la memoria di coloro che hanno combattuto prima di noi e per tenere esercitati e pronti quelli che dovranno affrontare la lotta”.
Concludiamo, infine, con l’intercessione dei Santi, particolarmente contestata dai Protestanti e dalle sette cristiane. A loro avviso, essendo Gesù Cristo il solo mediatore fra Dio e gli uomini, sarebbe sbagliato pregare i Santi e chiedere la loro intercessione. In realtà non è affatto così, in quanto il loro intervento non sostituisce l’unica mediazione di Cristo. Nel miracolo di Cana, ad esempio, la Vergine Maria interviene presso il Figlio a favore degli sposi, che non hanno più vino dal Vangelo di San Giovanni Apostolo 2, 1-11
San Giacomo, inoltre, afferma che molto vale la preghiera del giusto se fatta con insistenza dalla Lettera di San Giacomo Apostoli 5,16
e San Paolo esorta spesso i fedeli a pregare Dio per lui e per gli altri fratelli. Ma cos’è tutto ciò se non una preghiera d’intercessione? Considerando, dunque, che la Comunione dei Santi, ossia il mutuo e vicendevole aiuto fra i battezzati, non finisce con la morte fisica, ma continua anche dopo la vita terrena, allora possiamo affermare con assoluta certezza che pregare i Santi non solo è biblicamente fondato, ma è anche un segno del vincolo d’Amore che esiste fra di noi e che ci unisce a Cristo in questa nostra vita e in quella prossima futura.