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BEATI GUGLIELMO ARNAUD E 10 COMPAGNI

L’esistenza del culto di questi martiri, ratificato dalla Santa Sede nel 1866 in seguito alle molte guarigioni avvenute sul luogo della loro sepoltura, ci aiuta a ricordare che nel travagliato periodo dell’eresia albigese, nel sud ovest della Francia, molti cristiani patirono il martirio a causa della loro fede e dell’obbedienza alla Santa Sede. 

Tra i dodici che ricordiamo oggi vi sono tre domenicani, due francescani, due benedettini, quattro altri chierici e un laico. A cavallo tra il xu e il xm secolo l’idea della crociata si era estesa alle spedizioni contro gli eretici e aveva trovato un campo di applicazione nella Francia meridionale. 

L’opportunità effettiva fu offerta dal desiderio franco di estendere il proprio effettivo potere sulle aree di Tolosa e di Carcassonne, obiettivo raggiunto nel 1229 con una guerra che costrinse il conte Raimondo VII di Tolosa alla resa. L’azione contro i catari proseguì con nuovi insediamenti, espropri e, dal 1233, l’Inquisizione. 

Questa lunga erosione del catarismo, la cui dottrina dualista insegnava l’esistenza di due divinità in lotta, una creatrice del mondo spirituale e l’altra di quello materiale carceriere dell’anima, fu considerata necessaria e spesso sentita come indispensabile prevenzione alla sua disastrosa propagazione. 

L’Inquisizione fu molto solerte nel perseguire lo scopo anche se la Chiesa non giustiziava direttamente gli eretici: quando essi respingevano ogni tentativo fatto per convincerli a ritrattare (i catari rifiutavano la Chiesa e la sua autorità), venivano consegnati al braccio secolare, cioè al potere civile, per la punizione. L’Inquisizione papale, distinta da quella diocesana, fu affidata ai domenicani da papa Gregorio IX nel 1233, lo stesso anno in cui a Tolosa fu fondata ufficialmente l’università, sul modello di Parigi. Entrambi questi eventi avvennero dodici anni dopo la morte di S. Domenico (8 ago.), ma si può a ragione ritenere che egli avrebbe condiviso più il secondo che il primo, cosa come le equilibrate opinioni di S. Tommaso d’Aquino (28 gen.) offrivano risposte migliori all’avversione dei catari per cibo, bevande, rapporti sessuali e tutte le altre attività umane. 

Almeno alcuni dei martiri di oggi furono inquisitori, come il più famoso S. Pietro Martire (t 1252, 29 apr.), ma non sappiamo quanti fossero domenicani (probabilmente almeno tre), i cui confratelli dell’ordine, originatosi proprio a Tolosa, vi erano stati scacciati dai seguaci dell’eresia catara. 

Essi diressero una predicazione missionaria ad Avignone (nel sud ovest) con l’aiuto dei preti locali; qui fu loro offerta ospitalità nel castello dell’amministratore locale di Raimondo VII, ma, ritiratisi nelle loro stanze per dormire, furono massacrati da soldati segretamente ammessi nel palazzo. I sacerdoti con il loro ultimo respiro lodarono Dio con le parole del Te Deur n. Le numerose guarigioni avvenute sul luogo della loro sepoltura portarono al culto, successivamente confermato.

IL COMMENTO DI RAGGIO DI LUCE ATTIVA

MARTIROLOGIO ROMANO

 Ad Avignonet vicino a Tolosa in Francia, beati Guglielmo Arnaud e dieci compagni13, che, uniti nell’impegno di opporsi all’eresia dei catari, furono arrestati con l’inganno a motivo della loro fede in Cristo e dell’obbedienza alla Chiesa di Roma e morirono trafitti con la spada nella notte dell’Ascensione del Signore, mentre intonavano a una sola voce il Te Deum.

FONDAMENTO BIBLICO DEL CULTO DEI SANTI

Il culto dei Santi, degli Angeli e della Vergine Maria è stato da sempre un elemento caratterizzante del Cattolicesimo Romano e delle Chiese Orientali, ma anche quello più contestato dalle comunità evangeliche e dalle sette d’ispirazione cristiana.

Ancora più osteggiata è la venerazione di statue ed Icone Sacre, assimilata addirittura all’idolatria e perciò condannata come un grave peccato. 

In realtà le cose non stanno affatto così.

Nell’Antico Testamento, statue ed immagini sono strettamente collegate all’adorazione di divinità in Gran parte straniere, che si oppongono al culto dell’Unico vero Dio. 

Presso Noi Cattolici, invece, queste assumono tutt’altro significato per due motivi. 

Il Primo è che le nostre statue non sono idoli pagani, ma Raffigurano Persone Realmente Esistite, che Ricordiamo come Modelli di Fede

Il Secondo è che la nostra non è Adorazione, bensì VENERAZIONE, ossia Rispetto Verso quei Santi e quelle Sante che stanno nella Gloria di Dio, in Paradiso, e ossequio verso le immagini che li rappresentano.

Ai tempi di Mosè, due Cherubini in oro battuto decoravano l’Arca dell’Alleanza, in cui erano custodite le Tavole della Legge (Esodo 25,18; 36,2-8; 37,7). Era idolatria questa? Certamente no! Mosè stesso fece costruire un serpente di bronzo e ordinò di porlo in vista al popolo; chiunque fosse stato morsicato dai serpenti velenosi, si sarebbe potuto salvare guardando verso di esso (Numeri 21,4-9). 

Gesù applicò a se stesso questo simbolo dicendo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna» Vangelo di San Giovanni Apostolo 3:14-15 

La VENERAZIONE d’immagini, dunque, non è idolatria quando questa non si sostituisce all’adorazione. 

Esistono tre diverse forme di culto: 

la LATRIA, ossia l’Adorazione, riservata esclusivamente a Dio; 

la DULIA, ossia la venerazione, riservata ai Santi e agli Angeli; 

l’IPERDULIA, una speciale forma di venerazione riservata esclusivamente alla Vergine Maria, Madre del nostro Salvatore Gesù Cristo.

Per quanto riguarda il fondamento biblico relativo al culto dei santi, esistono numerosi passi che lo giustificano. Innanzitutto, nel Nuovo Testamento tutti i battezzati sono chiamati santi, non perché dotati di eccezionali virtù, ma in quanto chiamati a percorre un cammino di perfezione e di santità, dopo essere stati separati dal mondo e purificati dallo Spirito Santo. 

Già nel libro del Siracide l’autore aveva scritto: “Facciamo l’elogio degli uomini illustri, dei nostri antenati per generazione. Questi furono uomini virtuosi, i cui meriti non vanno dimenticati” Libro della Siracide 44, 1 e 10

Nella Lettera agli Ebrei l’autore esalta gli illustri israeliti del passato e sprona i destinatari dell’epistola a comportarsi allo stesso modo  Ebrei 11-12

San Paolo diceva ai Fedeli di Corinto: “Fatevi miei imitatori come io lo sono di Cristo” (1 Corinzi 11,1).

Proprio in questo consiste, dunque, la Venerazione dei Santi: nel Ricordo, nell’Elogio, nell’Imitazione di Coloro che ci hanno Preceduto nella Fede e si Sono Distinti nella Pratica delle Virtù

In merito alla loro commemorazione, sappiamo che già del Protomartire Stefano si ricordava l’anniversario della morte e s’Invocava la Sua Intercessione. 

Ma il primo Esempio storicamente documentato è il Martirio di San Policarpo (155 d.C), di cui furono raccolte le reliquie e celebrato annualmente il suo martirio “per rievocare la memoria di coloro che hanno combattuto prima di noi e per tenere esercitati e pronti quelli che dovranno affrontare la lotta”.

Concludiamo, infine, con l’intercessione dei Santi, particolarmente contestata dai Protestanti e dalle sette cristiane. A loro avviso, essendo Gesù Cristo il solo mediatore fra Dio e gli uomini, sarebbe sbagliato pregare i Santi e chiedere la loro intercessione. In realtà non è affatto così, in quanto il loro intervento non sostituisce l’unica mediazione di Cristo. Nel miracolo di Cana, ad esempio, la Vergine Maria interviene presso il Figlio a favore degli sposi, che non hanno più vino  dal Vangelo di San Giovanni Apostolo 2, 1-11

San Giacomo, inoltre, afferma che molto vale la preghiera del giusto se fatta con insistenza dalla Lettera di San Giacomo Apostoli 5,16

e San Paolo esorta spesso i fedeli a pregare Dio per lui e per gli altri fratelli. Ma cos’è tutto ciò se non una preghiera d’intercessione? Considerando, dunque, che la Comunione dei Santi, ossia il mutuo e vicendevole aiuto fra i battezzati, non finisce con la morte fisica, ma continua anche dopo la vita terrena, allora possiamo affermare con assoluta certezza che pregare i Santi non solo è biblicamente fondato, ma è anche un segno del vincolo d’Amore che esiste fra di noi e che ci unisce a Cristo in questa nostra vita e in quella prossima futura.

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SIAMO RIEMERSI DALLE PIEGHE DEL TEMPO PER PROIETTARTI NEL FUTURO

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